RASSEGNA STAMPA

LIBERAZIONE - La Quercia lasciò soli i manifestanti no global

Roma, 21 marzo 2008

dopo la morte di Carlo Lo annunciò Fassino in diretta tv a Porta a Porta

Checchino Antonini
Dopo sette anni la scoperta degli orrori di Bolzaneto, da parte dell'aspirante premier Veltroni, è tutta interna alla logica del "ma anche". Calearo, sponsor della base Usa al Dal Molin, "ma anche" un'inchiesta su Bolzaneto, solo per fare un esempio. Sette anni dopo, non è facile nemmeno rievocarle quelle ore. Parla più volentieri chi non fu direttamente coinvolto nella decisione di defilarsi dalla manifestazione del sabato contro il G8 in corso a Genova. La maggior parte di dirigenti e militanti lo venne a sapere in diretta tv, da Porta a Porta, la sera del 20 luglio, a poche ore dall'omicidio di Carlo Giuliani.
Piero Fassino annunciò il ritiro dell'adesione deciso in una consultazione informale con D'Alema e pochi altri. La Quercia non aveva aderito alle piazze tematiche e alla giornata delle azioni del venerdì ma solo al corteo del 21. Fassino non era ancora segretario dei Ds: c'era una reggenza nazionale coordinata da Pietro Folena dopo le dimissioni di Veltroni appena eletto sindaco di Roma per la prima volta. Infatti la comunicazione ufficiale la dette proprio Folena, nella veste di coordinatore dell'ufficio di segreteria, del comitato dei reggenti. «In quel comitato ci fu uno scontro durissimo nei giorni precedenti», conferma Folena rintracciato dal cronista: «Nel pomeriggio eravamo in federazione, a Genova, e ci fu comunicato dalla tv, in una situazione estremamente confusa. E dovemmo subire. L'errore di non stare a Genova da parte di Ds e Cgil fu un tragico errore, perché ha scoperto la manifestazione e l'ha esposta molto di più. Questo il vero elemento di ferita morale tra me e il grosso del gruppo dirigente (Folena non aveva aderito al Correntone, ndr). Fu la goccia che fece traboccare il vaso e da allora cominciò il mio cammino comune con Rifondazione e le forze che oggi partecipano al soggetto unitario».
Anche Massimiliano Morettini ricorda l'annuncio della tv. Non che l'attuale assessore alle politiche giovanili del Comune di Genova fosse incollato al video: era allora uno dei portavoce del Gsf, il Genoa social forum, per conto dell'Arci ma la notizia gli fu riferita da chi aveva visto la puntata di Vespa. In seguito Morettini avrebbe monitorato la delusione di ampi settori di base del suo partito, i Ds, appunto, disorientati dalla decisione annunciata da Fassino. «I più lontani - ricorda - erano già in viaggio verso Genova».
«Che i ds abbiano deciso di partecipare alla manifestazione contro il G8 è positivo - scriveva poche ore prima sul Manifesto, Rossana Rossanda - in quel corpaccio semiparalizzato l'elettroencefalogramma non è ancora piatto, sono almeno in grado di sentire il clamore che da due mesi si è alzato su Genova, e assieme alla lotta dei metalmeccanici è la sola voce forte della società italiana dal Duemila. Per un partito che era dei lavoratori e oggi non rappresenta più di sedici italiani su cento, è un sussulto tardivo, ma non ovvio». E, più avanti, quasi profetica: «La protesta, che né i ds, né la Cgil hanno auspicato né suggerito, piomba come una patata bollente su due organismi mal messi e li costringe ad accelerare le scelte, scomponendo i tempi decisi dagli apparati».
«A vincere fu la percezione sbagliata di quel movimento - spiega a Liberazione, Nuccio Iovene, provenienza arcista, allora nei ds e oggi in corsa con la Sinistra l'Arcobaleno - con la scelta di non partecipare si scelse di lasciare soli e scoperti i ragazzi e favorire la provocazione che poi scattò. C'erano Fini e Ascierto, presenze improprie, nelle sale operative e finì tragicamente». Iovene era già a Genova insieme ad altri parlamentari dell'allora Correntone, la sinistra ds che si dissociò dalla dissociazione. La notizia della morte di Carlo lo colse mentre partecipava a una delle piazze tematiche, quella di Piazza Dante con Arci e Attac poi seppe i risultati della
consultazione informale ai vertici del Bottegone, la sede storica del Pci in via delle Botteghe Oscure, che si tenne nel tardo pomeriggio del 20 luglio 2001. «Ma fin dall'inizio era forte nella Quercia una logica di sospetto e una difficoltà nei confronti del movimento no global. C'era una divisione interna tra una parte infastidita e in difficoltà di rapporto coi movimenti, con un atteggiamento di spregio o di superiorità e un'altra parte che storicamente è sempre stata interna alla relazione stretta tra politica e movimento, anzi che riteneva che la legittimazione della politica prendesse corpo proprio dai movimenti. Quell'equilibrio precario si ruppe allora in nome della logica sicuritaria, del sospetto». Sette anni dopo, la presa di posizione di Veltroni sugli orrori di Bolzaneto,Iovene la legge nell'ottica del "ma anche veltroniano": «Meglio fare quella commissione di inchiesta che anche da dentro i ds abbiamo rivendicato per due legislature».
L'anno dopo, nel primo anniversario, la Quercia, o almeno qualcuno dentro i Ds provò a ricucire lo strappo con un convegno proprio con Folena e l'adesione alla manifestazione. Violante si affacciò in Piazza Alimonda e incassò una buona dose di fischi ma sembrò un riconoscimento del movimento. Cinque anni dopo fu ancora Violante a gelare tutti domandandosi a cosa servisse una commissione d'inchiesta. A lui era bastata la blanda indagine stabilita da Berlusconi.